Intervento della presidente della Camera di Commercio di Bari e di Unioncamere Puglia, Luciana Di Bisceglie, al convegno: “La certificazione di genere - opportunità per una riforma culturale”, organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari e dal Comitato Pari Opportunità dell’Ordine dottori commercialisti e degli esperti contabili di Bari e ospitato dall’ente camerale barese.
«In un Paese in cui il tasso di occupazione femminile è drammaticamente basso, pari al 55%, la media UE è del 69, 3% e lavora poco più della metà delle donne tra i 15 e i 64 anni, la formazione è questione strategica per una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e per l’aumento del Pil del Paese, cui l’occupazione femminile dà il suo contributo».
Lo ha detto stamane la presidente della Camera di Commercio di Bari e di Unioncamere Puglia, Luciana di Bisceglie, intervenendo all’incontro dal titolo “La certificazione di genere - opportunità per una riforma culturale”, organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari e dal Comitato Pari Opportunità dell’Ordine dottori commercialisti e degli esperti contabili di Bari e ospitato dall’ente camerale barese.
«È sulle politiche che bisogna lavorare e sui modelli dominanti delle organizzazioni del lavoro, ma anche sul più ampio contesto sociale, didattico, educativo e formativo, per prendere di petto quella che ormai è diventata una generica questione di genere e che invece riguarda la riorganizzazione della società nella sua complessità e nella sua interezza», ha proseguito la Di Bisceglie. «Il problema si annida anche nelle scelte dei percorsi di studio, che dovrebbero vedere una maggiore presenza femminile nelle materie STEM, che consentono un più veloce inserimento occupazionale oltre che un migliore trattamento retributivo. La discriminazione e la violenza di genere si combattono con l’indipendenza economica che rende le donne libere, ed è sicuramente uno dei fattori che possono favorire un cambiamento culturale, sia a livello collettivo che individuale e che possono dare un notevole impulso all’imprenditoria femminile».
La presidente Di Bisceglie ha poi condiviso i dati più recenti sull’imprenditoria femminile in Puglia: «Più di 88mila imprese nel 2023. Rispetto al 2022 sono calate di 1.259 unità. Un calo che si inserisce nel più generale contesto nazionale. Infatti, negli ultimi cinque anni in Italia si sono perse per strada 12mila imprese femminili. Non so se sia un fatto culturale o di finanziamenti dedicati, ma serve parlarne».
Tralasciando le 23mila imprese femminili agricole, la cui "numerosità" potrebbe essere maggiormente legata a motivi di fiscalità e disponibilità di incentivi, in Puglia le imprese in rosa sono molto attive in tanti comparti come il commercio al dettaglio quasi 18mila, la ristorazione 5.700, il commercio all’ingrosso poco più di 3.800, l’ospitalità 2.000, l’edilizia 1800.
«Di queste 88mila aziende, oltre 1.100 superano il milione di fatturato, 1.900 fra i 250 e i 500mila euro, quasi 170 fra i 5 e i 10milioni di euro. Ѐ un mondo in chiaroscuro, con aspetti positivi e altri negativi» ha proseguito. «Se guardiamo le “cariche”, cioè le qualifiche o i titoli ricoperti da donne nelle imprese pugliesi (soci, amministratori, titolari, ecc.), troviamo uno stuolo di 209mila donne. Non sono poche, anzi. Lo scenario è un po’ meno “aperto” quando osserviamo gli amministratori di società di capitali; le donne si riducono a 27mila. Non sono poche neanche queste, però ci raccontano una cosa precisa: le donne in Puglia hanno fatto progressi nell’accesso al capitale sociale delle aziende e in generale fanno impresa, ma c’è ancora un divario di genere nei livelli manageriali».
La presidente si è poi soffermata, in conclusione di intervento sul bando “Un’impresa alla pari”, promosso da Unioncamere Puglia e Regione Puglia, che con 500mila euro ha finanziato a sportello, e con un meccanismo a rimborso, le imprese pugliesi che otterranno la Certificazione di Parità (UNI/PdR 125:2022) e dunque quelle che dimostrano di adottare modelli di organizzazione del lavoro equi e inclusivi.
«In un solo mese di apertura del Bando sono arrivate 196 candidature. La Lombardia ha raggiunto i medesimi risultati in sei mesi. Quindi, forse, qualcosa sta cambiando, anche da noi. L’ottenimento della certificazione della parità di genere può diventare anche un fattore competitivo rilevante per le nostre aziende, perché consente loro l’accesso a sgravi contributivi e premialità in sede di valutazione nei bandi pubblici. La questione femminile, in rapporto all’impresa e più in generale al vasto mondo del lavoro, necessita soprattutto di un cambiamento culturale. Per realizzarlo ognuno, dentro e fuori le istituzioni, deve fare la sua parte».